Sentiva di pesare solo qualche grammo

Starlet_eyes Photography
Continuava a cercare il suo sguardo, mentre, con fare distratto, distribuiva dubbiosi resti ai clienti in coda da prima di lei.

Aveva i capelli color castano chiaro, legati da un alto, morbido chignon; gli occhi verdi, enormi. Delle labbra sottili e definite. Disegnate su un pallido viso.



Lei. Era. Assolutamente. Incantevole.

Il tempo era paralizzato, tutto sembrava immobile. 
Per la prima volta, Daniel ebbe la sensazione di aver conosciuto qualcosa di sconfinato. Si sentì evanescente. Incorporeo. Per la prima volta, sentì di pesare solo qualche grammo.

- Buongiorno.. La Repubblica per favore.
Disse lei, mentre a stento alzava lo sguardo, che osservava curioso il banco pieno di giornali e riviste di ogni genere.

- Ecco.
Rispose Daniel. Gli si spezzò il fiato e non riuscì ad aggiungere una parola.

- Quant’è?
- Hei, mi scusi.. Quant’è?
Contemporaneamente lesse il prezzo sul quotidiano, aprì il portamonete e pagò.
- Grazie e buona giornata..
Aggiunse.

Daniel riprese a respirare e si rese conto della figuraccia:
- Buona giornata.
Ma lo disse mentre lei, ormai, si era allontanata.

Dovette destarsi con gran fretta. Durante quei pochi istanti si era, in effetti, formata una coda fuori misura. Più di ogni altro mercoledì, quando, nella piazza del comune, tra le rustiche corti, c’era il mercato e tutti facevano la coda per il giornale preferito, oltre che per la frutta fresca, la verdura di stagione, e tutto il resto.

Doveva. Essere. Molto. Triste.

A questo aveva poi pensato Daniel tutto il giorno. Al dì la del suo silenzio imbranato, ricordava uno sguardo di vetro, bilanciato da una accurata profondità. Le era successo qualcosa. Le era sicuramente successo qualcosa. E lui voleva poterla aiutare, o in qualche modo soccorrerla, mentre combatteva con l’idea di non rivederla forse nemmeno più. 
La aspettò ogni giorno, e questa attesa riuscì a diventare il senso della sveglia alle 4:30. Della colazione ad occhi chiusi. Del rumore cigolante della saracinesca.

Tra le voci accavallate fu facile riconoscere la sua:
- Buongiorno, La Repubblica per favore.

- Buongiorno! Ecco a lei.
Con una mano le passò il giornale, con l’altra strinse forte le monete.

"Mi piacerebbe conoscere il tuo nome, sapere da dove vieni, quale è la tua canzone preferita. Mi piacerebbe sapere se i capelli li leghi tutti i giorni. Ma prima di tutto, mi piacerebbe sapere se posso fare qualcosa per te. A mercoledì prossimo. Daniel"

Tutta la sua sicurezza era racchiusa nel biglietto che le aveva scritto, e che ogni giorno spostava dall’interno di un giornale all’altro, in attesa del suo ritorno. 
In qualche modo, scrivere era la forma di comunicazione che aveva sempre trovato più semplice. Alle sue mani non sarebbe mai mancato il coraggio. 

“Ho pensato tutto il giorno al motivo per cui dovrebbe interessarti fare qualcosa per me. Magari, vista la mia scarsa capacità di rapportami agli altri, la mia scarsa capacità di socializzare; visto lo scetticismo, visti i segni che porto addosso.. perdo una grande occasione. Ma, devi scusarmi, non ho nulla di più da dire; ora. Sara”

Poche parole. Decise. Ferme. Pronunciate a mano da una calligrafia organizzata e delicata, con una penna nera. Tenute strette da una busta appesa con del nastrocarta alla clair dell’edicola. Il giorno seguente. Continuò a cercare il suo sguardo. Ogni mercoledì. Il tempo si paralizzava, tutto sembrava immobile. 

Daniel aveva la sensazione di aver conosciuto qualcosa di sconfinato.
Si sentiva evanescente. Incorporeo. Sentiva di pesare solo qualche grammo.

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