Se rallento

Foto: Giardino Zen
Centoquaranta.

Sto guidando ad una velocità folle, deliziato dal rumore del motore su di giri, dalle luci della galleria che si susseguono velocemente. 


Luce. E poi subito ombra, nei tratti non direttamente illuminati. Sembra tutto facile,  quaggiù.
Niente casini con il lavoro, niente scenate della fidanzata. Solo la velocità. L'asfalto. Le pareti della galleria. Lo spazio è chiuso, ma non mi rende claustrofobico. Tutt'altro. Sono pervaso da un senso di onnipotenza. Nessuno può fermarmi.


Centoquaranta. Centocinquanta. Centosessanta.

La lancetta rossa si sposta su numeri sempre più alti mentre io guardo davanti a me. Non sembra esserci via d'uscita, la galleria è lunghissima. Forse non ce l'ha sul serio, un'uscita. Ho un attimo di spavento ed il piede sull'acceleratore si allenta.
L'auto comincia a decelerare e con lei il flusso dei miei pensieri. Prima andavo così veloce che nemmeno li vedevo, li confondevo fra di loro come quando guardo gli alberi sfrecciare fuori dal finestrino. Anche se in realtà non sono loro a sfrecciare, ma io.

Centosessanta. Centocinquanta. Centoquaranta. Centotrenta. Centoventi. Centodieci. Cento.

Il mio battito cardiaco rallenta. Ora vado ad una velocità tollerabile. 
Cosa diavolo mi è saltato in testa? Perché ho accelerato così? Solo per avere l'illusione d'essere un dio della Formula Uno? Potevo rimetterci la pelle. Sono un idiota. Ho delle responsabilità, dannazione. Al lavoro hanno bisogno di me, Claudia mi aspetta per cena...
Casini con il lavoro, scenate della fidanzata. Improvvisamente rimetto il piede sull'acceleratore.

Centodieci. Centoventi. Centotrenta.

Devo scappare da quei pensieri. Se rallento mi raggiungeranno.

Centoquaranta.

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