Gocciolò anche il cielo


Illustrazione di Gianni Da Pozzo
Foto di valentinanonseitu

La sua piccola mano raccolse un mazzetto di fiori, un grazioso presente da donare alla sua mamma che, all’ombra di un olmo leggeva.

Margherite per lei e minuscole viole profumate per suo padre, un uomo possente e fragile, con il volto segnato da 40anni di vita inquieta e due piccole fossette ai margini della bocca comparse quando era nata lei.

Rosalba, così l’avevano chiamata, il nome di un fiore delicato e forte, il cui profumo fluisce e rimane sospeso nell’aria sinché il vento non lo disperde e come il richiamo alle prime luci del mattino, prima del levar del sole.
Quel momento magico dove tutto dorme ancora e il tempo scorre assopito tra banchi di aria densa e sincera.


- Rosalba - gridò a mezza voce la madre 

- Rosalba vieni qui, il sole scotta troppo. 

- Arrivo, ma prima devo fare la farfalla - e volteggiò nell’erba alta tra i fiori di tarassaco e le bocche di leone, si librò leggera con due ali frutto della sua fantasia, le aveva immaginate bellissime, dipinte coi suoi colori preferiti, fucsia e verde con striature vibranti di giallo.

Pensò tra se che non c’era niente di meglio al mondo di un prato fiorito e della luce calda e cordiale della primavera. Si sentiva agile, sottile, pura e impalpabile come le nubi che volgevano lievi a est.
Fece ancora qualche piroletta, inciampò nei piedini maldestri e stanchi e cadde con un ruzzolone strambo su di un nugolo di soffioni.
Un temporale le esplose dentro, un improvviso mutare di sensazioni le oscurò il volto, si appannarono gli occhi, pianse e gocciolò anche il cielo.
Com’era labile il suo mondo, incantevole e effimero.

Corse a consolarsi tra le braccia fresche di sua madre - coccole e bacini - chiese - coccole e bacini - e si addormentò serena respirando il profumo dell’erba bagnata e delle viole.

Commenti