Arcobaleni di punti di non ritorno

Starlet_eyes Photography

Fuori faceva freddo. Era il primo di maggio ma dopo un accenno di primavera, la pioggia e i cieli grigi erano tornati a contestualizzare le sue giornate, come per assomigliare al suo umore.


Il disordine che lo circondava era di una dimensione disarmante.

In pochi attimi, in tutto quel grigio riusciva a vedere dei colori. Ma quelli, a suo dire, erano solo arcobaleni di punti di non ritorno. 

Tutti i castelli che provava a costruire, li costruiva con una mano, mentre con l’altra ne abbatteva altri.
Era un periodo così. Di quelli in cui le energie si disperdono. Non riusciva a tenere l’attenzione sulle cose, di qualsiasi origine queste cose fossero. La distrazione lo rapiva mentre camminava, mentre guidava o cucinava; mentre lavorava. Mentre andava e mentre tornava.

Lei splendeva e tirava su il suo cuore, come la luna tira su il mare. 
Ma come le maree saliva e scendeva, sentendo il peso aumentare ogni volta che tornava giù. 

Aveva iniziato a piovere. Sulla finestra, le gocce battevano a ritmo costante e i tetti delle case avevano iniziato a riflettere il colore del cielo. Grigio. Lo vide finché il vetro non fu completamente bagnato, tanto di distorcere l’immagine del mondo fuori.
Faceva i conti con il tempo, mentre il buio era sempre più pesto. Tuonava e pioveva sempre più forte. Il cielo scaricava la sua forza. Le strade si allagavano e le macchine procedevano lente sotto le luci dei lampioni, accese improvvisamente.

Aveva capito di dover distribuire la sua energia, scarsamente visibile, parcamente viva. Non poteva più orientarla solo verso qualcosa che lo risucchiava completamente, lasciandolo nudo, sfiancato, svigorito.

Nella velocità di quelle luci, nel frastuono di quei boati, nel rumore di quella pioggia, aveva trovato una risposta che cercava da tempo. Una risposta nascosta tra le forze perdute: doveva ascoltarsi e pensare a se stesso. Doveva leggersi dentro e ritrovare il cuore e il coraggio. Quella stanchezza doveva essere lasciata fluire. 

Stavo salendo, ora sto cadendo. Ero aperto, ora sto nascosto. Ho trovato una buona posizione. E io gioco per quello che vale. Gioco alla vita, perché poi, se andasse sempre tutto bene, di questa vita, forse, non sapremmo neanche bene che farcene.

Smise di piovere e il cielo schiarì. Aprì la finestra. Fuori c’era l’arcobaleno.

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